NOTTE SELVAGGIA A WARANGAL


La vita è impermanente, quante volte l`ho già scritto?
Troppe? Forse, ma penso che sia bene mai scordarlo.
Eccone un`ulteriore prova.
Ieri sul treno che mi portava qui scrivevo della meravigliosa sensazione di sentirmi vivo, mi sembrava di essere a un passo dal Nirvana.
Ora dopo una notte passata sul un WC di Asha Nilayam, senza nemmeno nulla da leggere, ma solo un profondo mal di stomaco e tanta diarrea la mia visione delle cosa è leggermente mutata.
Non che ora desideri essere morto, ma oggi mi sento dannatamente stanco e la prospettiva di un lungo viaggio di 7 ore per tornare a Hyderabad (passando da Parkal dove devo visitare un progetto che ci ha richiesto aiuto), di un volo in tarda serata a Delhi e di un`ulteriore ora di viaggio per passare la notte alla Provincial House dei Salesiani, non è proprio eccitante.
Inoltre viaggerò con alcune Suore piuttosto anziane e, con il rispetto dovuto, le Suore non sono notoriamente le persone più divertenti di questo mondo.
Mentro scrivo il mio stomaco pare avere superato il suo Tsunami personale, ma ancora sono preoccupato, soprattutto per il timore di avere “crisi” durante il viaggio.
Mentre stavo facento un`altra doccia fredda “a secchio” mi è apparso chiaro come avere un corpo significa soffrire.
È esattamente lo stesso concetto di avere una macchina per la quale bisogna obligatoriamente pagare la benzina oppure avere una casa con la rispettiva immancabile ipoteca.
Avere un corpo significa provare dolore, soffrire e, finalmente, morire.
Se dimentichiamo questo innegabile fatto perdiamo la giusta prospettiva sulla vita, correndo il rischio di pensare di essere immortali e persino superiori alla vita.
Chiaramente il mio è un lieve contrattempo, ma questo fastidioso malessere mi ha fatto riflettere su questo, ripeto innegabile, fatto.
Nella nostra esistenza non possiamo sfuggire alla sofferenza, al dolore e alla morte.
Esiste dunque ragione migliore per cercare di trarre il meglio delle opportunità che ci sono concesse in questa vita?
Onestamente e senza presunzione credo che esista una sola risposta possibile.
Quindi anche oggi cercherò di trarne il meglio, nella speranza che possa ricuperare un pò del sonno perso durante il lungo tragitto in jeep. Sarà nuovamente una giornata molta lunga, ma sta solo a me cercare di renderla positiva.
Come sempre, alla fine dipende molto da noi stabilire e decidere come debbano essere i nostri giorni.
Sì, è ancora e sempre bello essere vivo, anche se stanco, con il mal di stomaco e il buco del culo in fiamme a causa della diarrea.
Chiudo la mia borsa ma prima di partire esco dalla mia camera per salutare tutti i bambini che mi stanno aspettando.
Muovendomi lentamente come un vero nonnetto, io mi sto avvicinando a loro quando vedo Vinday, un ragazzo la cui faccia è totalmente deformata, che corre felice verso di me..
Mi sono ritrovato stupito ancora una volta nel constatare come questi ragazzi continuino a darmi lezioni, come incosapevomente mi aiutano ad avere un giusta prospettiva sulla nostra vita.
Dentro di me mi sono vergognato per le mille volte in cui non ho mai voluto essere fotografato. Mi sono sempre ritenuto orribile a causa del mio grosso naso che ho sempre odiato oppure a causa del mio grosso corpo. Ora mi trovo davanti il volto devastato ma sorridente di questo umile bambino dell`Andhra Pradesh, vedo i suoi amici con i piccoli corpi ridotti come rottami ma che continuano a sorridermi e penso...
Non è ora di cambiare maniera di pensare Khun Phu?
PACE ED AMORE.
Asha Nilayam, Warangal, 29 novembre 2548
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